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Dopo il Consiglio europeo del 9-10 febbraio 2023 quali prospettive per la riforma delle politiche di asilo e immigrazione dell’Unione europea?

  1. I capi di Stato e di governo dell’UE si sono riuniti a Bruxelles, in una sessione straordinaria del Consiglio europeo, il 9 febbraio 2023. Ai sensi dell’art. 15, par. 3, del Trattato sull’Unione europea (“TUE”), il Consiglio europeo si riunisce ordinariamente due volte a semestre, su convocazione del presidente. Ma se la situazione lo richiede, il presidente convoca una riunione straordinaria. La riunione ordinaria è, in effetti, già fissata per il 23-24 marzo, ma è stato evidentemente ritenuto necessario anticipare la trattazione di alcune questioni apparse come improcrastinabili. Il summit ha affrontato all’apertura la situazione in Ucraina, alla presenza del presidente Zelenskyy, e la situazione economica, mentre in chiusura è stato discusso anche il dialogo tra Serbia e Montenegro (alla luce delle recenti tensioni nel nord del Kosovo), così come è stato ricordato il recente devastante terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria. Significativamente, dopo che negli anni scorsi il tema era stato un po’ accantonato in favore di altre più pressanti emergenze (COVID, energia), l’immigrazione è tornata tra le priorità dell’UE. All’esito del Consiglio europeo del 15 dicembre 2022, il presidente Michel aveva preannunciato che, dato il riscontrato aumento dei flussi migratori attraverso le rotte dei Balcani occidentali e del Mediterraneo, gli Stati membri avevano riavviato la discussione su questo tema ed era emerso “un chiaro accordo sull’intenzione di avere un dibattito approfondito in sede di Consiglio europeo il 9 e 10 febbraio. Ciò significa che dovremo preparare al meglio questo dibattito per essere in grado di fornire orientamenti utili su questo tema molto importante”[1]. Diverse e parimenti forti le pressioni, in tal senso. Da una parte, l’Austria e i Paesi Bassi hanno spinto per includere la migrazione nell’agenda del Consiglio europeo, inquiete per l’aumento dei c.d. movimenti secondari (come sono denominati nel lessico europeo gli spostamenti irregolari dei migranti all’interno dell’UE), dall’altra parte, i Paesi del sud Europa (tra cui l’Italia), più esposti alle frontiere esterne, hanno richiesto che il tema degli arrivi fosse riaffrontato a livello europeo.
È questo il dato probabilmente più rilevante di questo vertice, al di là dei risultati contingenti. Esso segna in primo luogo la ritrovata attenzione al tema. Ma di converso anche l’avvio di un conto alla rovescia decisivo per la riforma del sistema di asilo, attesa dal 2016. Allora la Commissione, nel contesto della c.d. crisi dei migranti, che investì l’UE nel mezzo del decennio scorso, annunciò l’intenzione di riformare il sistema comune europeo di asilo[2] (la cui seconda fase di modifica si era conclusa nel 2013), affrontandone le carenze strutturali. Tra la primavera e l’estate di quell’anno, essa presentò, quindi, sette proposte legislative. Il pacchetto comprendeva la rifusione del regolamento Dublino III e del regolamento Eurodac, una proposta di regolamento relativo alla creazione dell’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (EUAA), una proposta di regolamento che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell’UE, una proposta di regolamento sulle qualifiche, la rifusione della direttiva sulle condizioni di accoglienza e una proposta di regolamento che istituisce un quadro dell’Unione per il reinsediamento.
Non finì bene, però. Non fu, infatti, possibile attuare la riforma avviata con l’obiettivo di superare quanto meno le più macroscopiche aporie tra i sistemi di asilo nazionali, nonostante per cinque proposte (regolamento qualifiche, direttiva accoglienza, regolamento sull’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo, regolamento EURODAC, regolamento sul quadro europeo per il reinsediamento) i negoziati fossero ad uno stadio avanzato. Malgrado i numerosi richiami ad intensificare gli sforzi ai fini dell’adozione della riforma prima delle elezioni del Parlamento europeo (nel maggio 2019)[3], le divergenze tra gli Stati membri risultarono insuperabili e non fu accolta la proposta della Commissione di approvare i testi separatamente, prevalendo in seno al Consiglio un approccio c.d. a pacchetto (ovvero o tutti insieme o nessuno), che nel tentativo di sollecitare la riforma del più emblematico di quegli strumenti (il regolamento Dublino III), paralizzò di fatto l’azione. In tale scenario il tema della solidarietà e della ripartizione degli oneri restò un nodo cruciale ed irrisolto, mettendo ben in luce l’incapacità degli Stati membri di addivenire ad una posizione comune.
La promozione di un nuovo quadro giuridico comune per lo sviluppo delle politiche di asilo e immigrazione, comprensivo anche della riforma del c.d. sistema Dublino, ha poi costituito parte integrante ed essenziale del programma della Presidente della Commissione europea sin dalla sua designazione. Nel suo discorso di presentazione al Parlamento europeo, la allora candidata Ursula Von der Leyen[4], manifestò l’intenzione di proporre un nuovo Patto sull’immigrazione e l’asilo, che avrebbe incluso il rilancio della riforma del sistema Dublino. La pubblicazione, annunciata più volte dopo il suo formale insediamento, fu tuttavia rimandata per l’emergenza sanitaria ed ebbe infine luogo nel settembre 2020. I testi presentati non sostituivano, ma per lo più integravano, le proposte di riforma del 2016 ed anzi, per quelle ad uno stadio negoziale avanzato, la Commissione ne sollecitava la rapida adozione.
Nonostante la roadmap iniziale lasciasse ipotizzare il completamento della riforma entro il 2021, ad oggi solo il regolamento istitutivo della nuova agenzia europea per l’asilo[5] è stato adottato. In previsione dell’avvicinarsi del termine della legislatura in corso del Parlamento europeo (e del rischio che la riforma del sistema di asilo non veda la luce neppure questa volta), il 7 settembre la Presidente del Parlamento europeo insieme ai rappresentanti delle successive presidenze (Repubblica Ceca, Svezia, Spagna, Belgio) e di quella francese (che aveva appena concluso il proprio semestre) hanno firmato un accordo, definendo i termini per lo svolgimento dei negoziati tra co-legislatori, con l’obiettivo di portare a termine la riforma delle norme dell’UE in materia di migrazione e asilo[6] entro febbraio/marzo 2024 (termine ultimo per l’approvazione nella legislatura in corso)[7]. Risulta, allora, di tutta evidenza il significato politico di un vertice, convocato in sessione straordinaria a un anno esatto da quella scadenza, e che ha voluto riproporre al centro dell’agenda europea il tema della migrazione.
  1. Sul piano dei contenuti, i leader dei paesi UE hanno discusso di diversi aspetti legati all’immigrazione, tra cui la gestione dei confini, l’asilo e la protezione dei diritti fondamentali, con un focus marcatamente incentrato sulla c.d. dimensione esterna (cooperazione con i paesi terzi, controllo dei confini, rimpatri e riammissioni)[8], piuttosto che sugli aspetti interni, sui quali le visioni e le opinioni continuano evidentemente a divergere, in particolare per quanto attiene al tema della redistribuzione.
La riunione era stata, peraltro, preceduta da una lettera indirizzata dai primi ministri di Austria, Danimarca, Estonia, Grecia, Lituania, Malta, Lettonia e Slovacchia al Presidente del Consiglio europeo e alla Presidente della Commissione europea[9]. In essa si invocavano politiche europee più restrittive, sull’asserzione che “il sistema di asilo europeo e il suo bassissimo tasso di rimpatri costituiscono un fattore di attrazione”, e per questo motivo “i cittadini di Paesi terzi che non hanno bisogno di protezione internazionale continuano a rischiare la vita in pericolosi viaggi verso l’Europa”.
La lettera proponeva, quindi, di “rafforzare ulteriormente la protezione delle frontiere esterne, tenendo conto delle differenze tra frontiere terrestri e marittime, e sostenere gli Stati membri nei loro sforzi, compreso lo spiegamento di infrastrutture e la sorveglianza aerea pre-frontaliera per le frontiere marittime” e di “aumentare in modo significativo i rimpatri rapidi di cittadini di Paesi terzi che non soggiornano legalmente nell’UE. Utilizzando con determinazione tutti gli strumenti di leva – in particolare le politiche dei visti, del commercio e dello sviluppo – per migliorare e mantenere la cooperazione.”
Per quanto attiene agli aspetti relativi all’esternalizzazione, gli otto Paesi suggerivano di sviluppare accordi con Paesi terzi sicuri lungo il confine esterno dell’UE, citando quale modello la dichiarazione UE-Turchia. Si tratta della controversa dichiarazione del 2016 resa pubblica a margine del Consiglio europeo del 18 marzo 2016, con cui, al fine di arrestare i flussi lungo la rotta del Mediterraneo orientale, principale via di ingresso nell’Unione europea all’epoca, fu convenuto, quale misura temporanea e straordinaria[10], un programma di rimpatrio, controbilanciato dal correlativo impegno dell’Unione europea di reinsediare da quel Paese sul proprio territorio un cittadino siriano per ogni migrante rimpatriato. Sulla base di tale dichiarazione i migranti giunti irregolarmente sulle isole greche dalla Turchia a partire dal 20 marzo 2016, che non avessero presentato domanda d’asilo o la cui domanda fosse stata ritenuta infondata o non ammissibile ai sensi della direttiva sulle procedure di asilo, sarebbero stati rimpatriati in Turchia. Inoltre, si prevedeva che la Turchia avrebbe adottato qualsiasi misura necessaria per evitare nuove rotte marittime o terrestri di migrazione irregolare verso l’UE, collaborando con i paesi vicini, nonché con l’UE stessa a tale scopo. In contropartita, la UE si era impegnata a corrispondere, in due tranches, sei miliardi di euro alla Turchia[11].
Questi punti sono riflessi sostanzialmente nelle conclusioni[12], che quindi si concentrano fondamentalmente su rafforzamento dell’azione esterna, rimpatrio e riammissione, controllo delle frontiere esterne. La parola solidarietà è usata nel testo delle conclusioni solo con riferimento all’Ucraina, i temi più controversi della ripartizione degli oneri tra Stati membri e della redistribuzione delle persone arrivate nell’Unione europea non sono pertanto neanche abbozzati con dichiarazioni generiche e di circostanza. Le conclusioni operano solo un (limitato) richiamo alla necessità di proseguire i lavori relativi al patto sulla migrazione e l’asilo, che include anche la proposta di regolamento che dovrebbe sostituire l’attuale sistema Dublino.
Il Consiglio europeo ha, invece, ribadito la determinazione ad assicurare il controllo efficace delle frontiere esterne, riconoscendo le specificità delle frontiere marittime e ha sottolineato la necessità di una cooperazione rafforzata in ordine alle attività di ricerca e soccorso. In proposito, la presidenza svedese (in carica dal 1° gennaio)[13] ha annunciato l’intenzione di discutere, in occasione della prossima sessione del Consiglio “Giustizia e affari interni” del 9-10 marzo, da un lato dell’attuazione della tabella di marcia di Dublino, ma anche dell’impegno effettivo dell’UE alle frontiere esterne, anche da parte di “entità private”. Qui il riferimento è evidentemente alle azioni di salvataggio poste in essere dalle navi delle ONG.
  1. Ma al di là dei punti espressamente affermati nelle conclusioni, vale la pena soffermarsi “sul non detto” (o diplomaticamente smussato), ma che pure ha formato oggetto di discussione durante la riunione, così come contestualizzare la situazione più generale entro cui si è inserito questo vertice.
Esso va, infatti, collocato in un contesto di crescenti tensioni tra Stati membri, culminata lo scorso autunno nel “diverbio” italo-francese sulla distribuzione dei migranti sbarcati dalle navi di soccorso delle Ong, ma anche in un comunicato congiunto di Italia, Malta, Cipro e Grecia, in cui gli Stati membri meridionali hanno lamentato l’insufficienza degli impegni presi e la lentezza di attuazione del vigente meccanismo di solidarietà volontario[14]. Anche nel tentativo di sbloccare lo stallo delle trattative sulla revisione del sistema di asilo, la Presidenza francese in carica nella prima metà del 2022 aveva, infatti, avanzato una proposta di meccanismo di solidarietà, che in sostanza anticipava il controverso sistema proposto dalla Commissione nell’ambito del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo per la revisione di Dublino. A tal fine, nel mese di giugno era stata approvata una dichiarazione politica da ventuno Stati europei (diciotto Stati membri più Norvegia, Svizzera, Liechtenstein), che prevedeva l’istituzione di un meccanismo temporaneo di solidarietà volontaria per far fronte a situazioni di pressione migratoria negli Stati di primo ingresso nel Mediterraneo per un anno. In base alla dichiarazione, era stata fissata una quota annuale di ricollocazione per ciascuno Stato partecipante da attuarsi in via prioritaria a favore degli Stati membri che affrontano sbarchi di migranti a seguito di operazioni di ricerca e soccorso in mare lungo le rotte del Mediterraneo e dell’Atlantico occidentale. A fine giugno, gli Stati partecipanti si erano resi disponibili ad effettuare complessivamente 8.169 ricollocazioni, rispetto alle 10.000 inizialmente previste (Francia e Germania avevano assunto l’impegno maggiore, per un totale di 6.500 ricollocazioni). Ma il meccanismo è apparso subito malfunzionante e i numeri della sua (in)attuazione sono assai eloquenti: al 1° dicembre erano state trasferite solo 207 persone, tutte dall’Italia. La Commissione stessa aveva osservato che tra i paesi “Med5” (Cipro, Grecia, Italia, Malta, Spagna) c’erano “circa 600 pre-accettazioni, ma pochissimi trasferimenti, portando a un risultato piuttosto deludente per la fine del 2022”[15].
La Commissione aveva, quindi, proposto azioni per rafforzare l’efficacia del meccanismo di solidarietà in un piano d’azione[16] presentato a fine novembre. Nello stesso piano la Commissione ha affermato la necessità di “promuovere discussioni in seno all’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) sulla necessità di un quadro specifico e di linee guida per le navi con particolare attenzione alle attività di ricerca e salvataggio, in particolare in vista degli sviluppi nel contesto europeo”, quindi suggerendo l’elaborazione di orientamenti per le navi delle ONG[17].
L’effettiva applicazione di adeguati meccanismi di ricollocazione a livello europeo rimane, quindi, un tema molto controverso. E come si è detto, evitato nelle conclusioni del vertice.
Un altro aspetto contrastato attiene alla costruzione di muri ai confini, per impedire il passaggio dei migranti non autorizzati. Come rilevato anche dal servizio studi del Parlamento europeo, il numero di muri di confine e recinzioni in tutto il mondo è aumentato notevolmente negli ultimi decenni. Ciò vale anche per l’Unione europea, che è attualmente circondata o attraversata da 19 barriere ai confini sia esterni che interni che si estendono per più di 2 000 chilometri (km). In particolare, tra il 2014 e 2022, la lunghezza complessiva delle recinzioni alle frontiere esterne dell’UE e all’interno dell’area Schengen è passata da 315 km a 2 048 km[18].
Ci sono, pertanto, pressioni da parte di alcuni Stati membri (e alcuni parlamentari europei)[19] perché l’UE si faccia carico dei costi economici della costruzione di nuovi muri (in particolare al confine tra Bulgaria e Turchia). Il tema, pur discusso[20], non ha trovato comunque accoglimento nelle conclusioni finali dove, nel capitolo relativo al rafforzamento del controllo dei confini, i leaders europei hanno chiesto di “mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell’UE per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle attrezzature di controllo delle frontiere”. Il significato di questa formula diplomatica si coglie dalle parole della Presidente della Commissione, la quale nella conferenza stampa di apertura del vertice aveva affermato che “i confini devono essere gestiti” ed a tale fine saranno attuati due progetti pilota che prevedono la fornitura (con fondi europei) di un pacchetto integrato di infrastrutture mobili e fisse, dalle automobili alle telecamere, dalle torri di guardia alla sorveglianza elettronica[21]. Quindi, per il momento, niente muri a carico dell’UE, ma dispiegamento di tecnologie sempre più sofisticate.
Ulteriori aspetti che meritano attenzione attengono, da una parte, all’affermazione di voler ricorrere con più determinazione a tutte le leve disponibili (non solo visti, ma anche pressioni diplomatiche, cooperazione allo sviluppo e commercio), per ottenere una maggiore collaborazione da parte dei paesi di origine e di transito in materia di rimpatrio e riammissione[22], e nel più ampio utilizzo del concetto di paesi terzi sicuri. Quanto al primo punto, tanto sentito da indurre la Commissione a pubblicare un documento strategico dettagliato nei giorni precedenti il vertice[23], le conclusioni esortano al pieno ricorso alla previsione di cui all’art. 25-bis del Codice dei visti[24]. Il rilascio dei visti è diventato un esplicito strumento di pressione a seguito della riforma del Codice dei visti, in vigore dal febbraio 2020, che consente di applicare procedure più rigorose, nei confronti di paesi terzi ritenuti non cooperativi nel rimpatrio e nella riammissione. Recentemente tale possibilità ha trovato applicazione nei confronti del Gambia e la Commissione ne ha proposto l’estensione anche al Senegal[25].
Quanto al secondo punto, crescente preoccupazione in merito all’aumento delle domande di protezione internazionale era già stata espressa dalla Commissione e dagli Stati membri, in occasione del primo vertice informale dei ministri degli interni convocato il 27 gennaio dalla presidenza svedese[26]. Da un lato, in base ai dati preliminari di Frontex, nel 2022 sono stati rilevati circa 330.000 ingressi irregolari alle frontiere esterne dell’UE, con un aumento del 64% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta del numero più elevato dal 2016[27]. Dall’altro lato, alla fine dell’anno scorso l’EUAA aveva rilevato una crescente pressione sui sistemi di asilo nazionali, con la presentazione di oltre centomila domande al mese nell’UE[28]. In particolare sono state ricevute oltre 900.000 000 domande di asilo nel 2022 (nel 2021 erano state poco più di 600.000). Di conseguenza, il carico delle procedure pendenti in primo grado è aumentato del 44% (pari a 636 000) alla fine del 2022. Le principali nazionalità di richiedenti asilo sono state siriani, afgani, turchi, venezuelani e colombiani. Il tasso di riconoscimento complessivo è stato del 40%[29]. Alla luce di queste preoccupazioni sottostanti, va letto l’invito, contenuto nelle conclusioni, rivolto all’Agenzia per l’asilo a fornire orientamenti per incrementare il ricorso ai concetti di paesi terzi sicuri e di paesi di origine sicuri. Concetti piuttosto controversi, avendo delle conseguenze sul piano procedurale nell’esame delle domande, che comportano soprattutto un’accelerazione delle stesse, sul non tanto velato presupposto che esse siano infondate ed abusive.
In conclusione, se la riunione del Consiglio europeo segna la rinnovata centralità del tema migratorio nell’agenda europea, il consenso e l’attenzione sono evidentemente incentrati sul rafforzamento di tutti i meccanismi che impediscano gli arrivi e consentano una massiccia attuazione dei rimpatri (punti peraltro alla base anche del programma della presidenza svedese dell’Unione, in carica nel primo semestre 2023, e che riceveranno quindi impulso politico[30]). Una tendenza restrittiva che ha progressivamente investito l’azione dell’UE negli ultimi anni, accantonata solo nella gestione dell’emergenza ucraina. Troppo diverse appaiono le posizioni degli Stati membri sulla ripartizione degli oneri e lo spostamento del focus sui soli argomenti capaci di mettere quasi tutti d’accordo rischia di riflettersi negativamente sulla ricerca di un già faticoso consenso su questi aspetti.
Mentre i leader dell’UE si sono impegnati a “tornare regolarmente sulla questione”, la presidente del Parlamento europeo ha ricordato che” non c’è più tempo da perdere”, sottolineando che è imperativo che nei prossimi mesi inizino i negoziati tra i due co-legislatori, per avere tempo sufficiente per trovare il giusto equilibrio e individuare un approccio che sia umano ed equo[31]. Il conto alla rovescia è cominciato.

 

***

[1] Osservazioni del presidente Charles Michel al termine della riunione del Consiglio europeo del 15 dicembre 2022.
[2] Riformare il sistema europeo comune di asilo e potenziare le vie legali di accesso all’Europa, COM(2016) 197 def. del 6 aprile 2016.
[3] Oltre alla comunicazione della Commissione, COM(2018) 798 def., si vedano le conclusioni del Consiglio europeo del 13-14 dicembre 2018.
[4] Dichiarazione di apertura della sessione plenaria del Parlamento europeo di Ursula von der Leyen, candidata alla presidenza della Commissione europea, 16 luglio 2019.
[5] Regolamento (UE) 2021/2303 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2021 relativo all’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo e che abroga il regolamento (UE) n. 439/2010, in GUUE L 468 del 30.12.2021, p. 1.
[6] Rientrano nell’accordo le seguenti proposte: regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione, regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore, regolamento sullo screening, regolamento sulle qualifiche, direttiva sulle condizioni di accoglienza (rifusione), regolamento modificato sulle procedure di asilo, direttiva sui rimpatri (rifusione), regolamento Eurodac modificato, regolamento quadro dell’Unione sul reinsediamento.
[7] In occasione del Consiglio GAI dell’9 e 10 dicembre, la presidenza ceca, in conclusione del proprio semestre, aveva presentato un documento di sintesi, in cui ha informato circa lo stato delle procedure legislative in corso, incluse quelle sulla migrazione e l’asilo.
[8] Si vedano, in proposito, anche le chiare indicazioni nella lettera d’invito del presidente Charles Michel ai membri del Consiglio europeo, dell’8 febbraio 2021.
[9] Il testo della lettera è consultabile a questo link: https://www.statewatch.org/media/3727/eu-8ms-letter-european-council-migration-asylum-borders-6-2-23.pdf.
[10] Comunicato stampa n. 144/16, disponibile su: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2016/03/18/eu-turkey-statement/pdf.
[11] In merito alla cooperazione avviata nel contesto di tale dichiarazione, tra i molti contributi si veda C. Favilli, La cooperazione UE-Turchia per contenere il flusso dei migranti e richiedenti asilo: obiettivo riuscito?, in Diritto umani e diritto internazionale, 2/2016, p. 405 ss.
[12] Riunione straordinaria del Consiglio europeo (9 febbraio 2023) – Conclusioni.
[13] Ai sensi dell’art. 16, par. 9, TUE, il Consiglio nelle sue varie formazioni (ad eccezione della formazione «Affari esteri», che ai sensi dell’art. 27, par. 1, TUE, è sottratta agli Stati ed è riservata all’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri), è presieduto a turno dagli Stati membri., sulla base di un sistema di rotazione semestrale L’ordine di successione tra Stati membri è ora definito nell’allegato alla Decisione (UE) 2016/1316 del Consiglio del 26 luglio 2016 che modifica la decisione 2009/908/UE che stabilisce le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull’esercizio della presidenza del Consiglio e sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio, in GUUE L 208, del 16.08.2016, p. 42.
[14] Dichiarazione congiunta sui flussi migratori dei Ministri dell’Interno di Italia, Malta, Cipro e del Ministro delle Migrazioni e dell’Asilo della Grecia del 13 novembre 2022, disponibile all’indirizzo: https://www.interno.gov.it/it /stampa-e-comunicazione/comunicati-stampa/dichiarazione-congiunta-sui-flussi-migratori-dei-ministri-dellinterno-italia-malta-cipro-e-ministro-migrazione-e-dellasilo-grecia
[15] Statewatch, EU: Tracking the Pact: Only 207 refugees relocated so far via “voluntary solidarity mechanism”, 31 gennaio 2023.
[16] Piano d’azione dell’UE per il Mediterraneo centrale del 21 novembre 2022 disponibile all’indirizzo: https://home-affairs.ec.europa.eu/system/files/2022-11/EU%20Action%20Plan%20for%20the%20Central% 20Mediterraneo_it.pdf.
[17] Brussels urges guidelines for NGO boats amid France-Italy migrant feud, 21 novembre 2022.
[18] C. Dumbrava, Walls and fences at EU borders, European Parliamentary Research Service, ottobre 2022.
[19] Comunicato stampa, MEPS urge the EU to deliver a credible migration and asylum policy, Parlamento europeo, 1° febbraio 2023.
[20] Build that wall: Controversial EU border fences to be discussed in migration summit, in The Brussels Time, 9 febbraio 2023.
[21] Opening remarks by President von der Leyen at the joint press conference with President Michel following the special meeting of the European Council of 9 February 2023.
[22] Affermazioni che echeggiano la dichiarazione rilasciata il 26 gennaio dalla Presidenza svedese e che lasciano intendere che su questo tema l’attenzione e la volontà politica non mancheranno.
[23] Commissione europea, Documento strategico, Verso una strategia operativa per rimpatri più efficaci, COM(2023) 45 def. del 23 gennaio 2023.
[24] Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti), in GUUE L 243 del 15.9.2009, p. 1. Ai sensi del nuovo art. 25-bis del codice visti, la Commissione valuta regolarmente, con cadenza almeno annuale, la cooperazione dei Paesi Terzi in materia di riammissione, sulla base di una serie di parametri, ed esamina eventuali notifiche degli Stati membri concernenti problemi pratici sostanziali e persistenti, riscontrati nella cooperazione con un Paese Terzo in materia di riammissione di migranti in situazione irregolare.
[25] Decisione di esecuzione (UE) 2022/2459 del consiglio dell’8 dicembre 2022 relativa all’applicazione di un aumento dei diritti per i visti nei confronti della Gambia, in GUUE L 321, del 15.12.2022, p. 18 ss. Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio relativa alla sospensione di alcune disposizioni del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio nei confronti del Senegal, COM(2022) 631 def. del 9.11.2022.
[26] ECRE, EU Concerned About Increase in People Seeking Protection, 3 febbraio 2023.
[27] Frontex, EU’s external borders in 2022: Number of irregular border crossings highest since 2016, del 13.1.2023.
[28] EUAA, Sustained pressure on EU+ national systems as monthly applications exceed 100 000, 21 dicembre 2022.
[29] Si vedano i dati di EUAA, Latest-asylum-trends-annual-overview-2022.
[30] Si veda il programma della presidenza svedese sui temi della migrazione e, in maniera più specifica, la dichiarazione resa il 26 gennaio 2023 citata sopra, nota 20.
[31] Si veda il discorso della Presidente Metsola pronunciato in occasione dell’apertura del Consiglio europeo straordinario, il 9 febbraio 2023.

 

di Alessia Di Pascale, Collaborazione scientifica settore Europa e Paesi terzi e Settore Legislazione Fondazione ISMUProfessore associato di diritto dell’Unione europea – Università degli Studi di Milano

Marzo 2023