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Il Parlamento britannico approva la legge per trasferire in Ruanda i richiedenti asilo

Approvata in via definitiva dal Parlamento britannico

la legge sul trasferimento in Ruanda dei richiedenti asilo

Nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 aprile 2024 il Parlamento britannico ha approvato definitivamente la legge che autorizza il trasferimento in Ruanda dei richiedenti asilo. Essa si applica ai richiedenti asilo giunti “illegalmente” sul territorio del Regno Unito attraverso la Manica. Si noti che il Regno Unito, come l’Italia come in generale i Paesi dell’Occidente che pur hanno tra i propri principi il diritto d’asilo, non offre chance d’ingresso legale alla più parte delle persone intenzionate a chiedere asilo in quel Paese. Perciò, per i più non vi sono alternative all’ingresso illegale e di fatto, la modalità, che richiama subito alla mente degli italiani come degli statunitensi o dei greci e di altri popoli nel mondo occidentale immagini a loro ben note, è quella di barchini-barconi con i quali non senza sofferenza e grave pericolo molte persone affrontano appunto la Manica in direzione delle coste inglesi. Se nel 2020 erano stati registrati “solo” circa diecimila sbarchi, nel triennio 2021-2023 la media è stata di oltre trentamila l’anno (e gli ultimi dati propongono un trend in aumento). A questi flussi di boat people come già detto si rivolge la nuova legge approvata dal Parlamento britannico. Essa si applica a quanti arrivati dal 1 gennaio 2022, ma ha finalità essenzialmente deterrente (secondo lo slogan stop the boats che si può vedere campeggiare sul podio da cui il premier Sunak ha annunciato il piano di trasferimento) affidata al messaggio che non ci sarà più accoglienza nel Regno per i richiedenti asilo sbarcati sulle sue coste ma “deportazione” verso il remoto Ruanda, un Paese povero, a loro culturalmente estraneo (assai più del Regno Unito per molti “vicino” in quanto provenienti da terre già parte dell’Impero britannico), a rischio di grave instabilità politica e poco democratico (col suo presidente-padrone, appartenente comunque a una minoranza etnica, in carica da più di vent’anni dopo aver vinto da ultimo le elezioni nel 2017 con una percentuale del 98,63% che dice molto dello stato della democrazia in Ruanda, e con la prospettiva di una pressoché certa di conferma alle elezioni di quest’anno),  retto da un sistema dai tratti autoritari poco rispettoso dei diritti umani.

L’approvazione della nuova legge è avvenuta dopo che la Corte suprema del Regno aveva giudicato nel novembre del 2023 incompatibile coi principi dell’ordinamento britannico un precedente progetto per il trasferimento in Ruanda dei richiedenti asilo, non potendosi ritenere il Ruanda un Paese “sicuro”, ossia rispettoso dei diritti umani e in primis del diritto d’asilo (qui l’analisi ISMU ETS sul punto); e dopo un’estenuante dialettica interparlamentare, con la Camera dei Lord che, con atteggiamento relativamente insolito nella prassi parlamentare del Regno Unito, aveva rinviato alla Camera dei Comuni varie disposizioni del testo già approvate dai Commons il 17 gennaio (qui l’analisi ISMU ETS sull’approvazione), chiedendo che venissero emendate, essenzialmente obbiettando che non poteva, come è invece nel testo poi definitivamente approvato, la legge dichiarare il Ruanda un Paese “sicuro” – e perciò possibile-legittimo luogo di destinazione-soggiorno dei richiedenti asilo secondo i principi del diritto internazionale e di quello britannico – potendolo fare solo eventualmente un qualche organismo tecnico indipendente di analisi e costante monitoraggio della situazione dei diritti umani in quel Paese. Alla fine, persistendo la maggioranza della Camera dei Comuni nella propria posizione, come doveroso in un ordinamento democratico la volontà degli eletti del popolo ha prevalso su quella degli “aristocratici”Ora la legge sul trasferimento in Ruanda dei richiedenti asilo entrerà in vigore. E il governo britannico conta di avviare i trasferimenti entro tre-quattro mesi. Resta l’incognita della posizione – presumibilmente critica – delle corti britanniche e internazionali. Ma in particolare a proposito di queste ultime il premier Rishi Sunak ha perentoriamente assicurato agli elettori che “nessuna corte straniera ci impedirà di far decollare gli aerei”.

***

Nella dialettica che si è sviluppata tra Camera dei Comuni e Camera del Lord, considerando il carattere elettivo della prima e quello invece “aristocratico” della seconda possiamo vedere il manifestarsi di un’evidente divergenza tra popolo e élite. Il popolo, o meglio la maggioranza del popolo, cui rispondono gli eletti alla Camera dei Comuni, preoccupata per la sicurezza, per la tenuta del Welfare state e anche per i posti di lavoro, considera una priorità il contrasto ad ogni costo dei flussi di richiedenti asilo. L’élite, ben rappresentata dalla Camera dei Lord, ha invece a riguardo per lo meno dei dubbi in ordine a determinati mezzi di contrasto. E va osservato che in termini non sostanzialmente dissimili analoga divergenza si riscontra anche in altri Paesi dell’Occidente. Si pensi al caso degli USA dove da decenni una parte dell’élite vorrebbe introdurre soluzioni in vario modo “umane” per gestire i flussi dei richiedenti asilo, e anche emergono progetti in tal senso (come si è visto durante la presidenza Obama, ma anche prima, e poi anche più di recente), ma gli elettori non sono d’accordo.

Andando al di là di una considerazione per così dire statica di tale divergenza, quest’ultima e il piegarsi alla fine in sostanza delle élite al volere del popolo non ci parlano, si noti, solo di un normale (eventualmente in nome di certi valori e anche di certe esigenze criticabile ma normale)  funzionamento della democrazia ma anche di un’incapacità dei gruppi “dirigenti” di indirizzare, convincere il popolo della bontà di certe soluzioni risultando tali gruppi in materia d’immigrazione sostanzialmente passivi (se non talora addirittura opportunisticamente orientati a cavalcare certe tendenze per conservare ed eventualmente accrescere i consensi).

 

Ennio Codini, Responsabile Settore Legislazione

24 aprile 2024

Nella vicenda della legge appena approvata, pensando al principale protagonista, ossia al premier Sunak, possiamo anche vedere emblematicamente e, per così dire, vistosamente almeno in parte smentita la tesi secondo cui l’immigrazione stravolgerebbe il popolo mutandone gli orientamenti. Considerando l’orientamento dell’anglo-indiano Sunak, ma anche ad esempio quello dell’americana-indiana-giamaicana Kamala Harris (divenuta famosa per il suo messaggio del 2021 ai migranti latinos in marcia verso il confine del Rio Grande: “Voglio essere chiara: non venite”), non si può certo vedere in tali persone con background migratorio un qualche peculiare atteggiamento d’apertura rispetto ai flussi migratori. E non si tratta, si badi, solo della posizione di alcuni più che benestanti – quali certamente sono Sunak come Harris – per tale loro condizione distaccati dalla massa dei migranti e dei loro discendenti. No, le cronache come gli studi mostrano che le persone con background migratorio hanno in tema d’immigrazione in generale posizioni non certo più “aperte” di quelle degli autoctoni. Si può considerare questo un bene, un segno d’integrazione, oppure un semplice fatto, oppure si può anche vedere in questo invece un deplorevole rinnegamento contro l’appello biblico a ricordare la propria storia d’esilio (o essere toccati da un po’ tutti questi sentimenti) ma in ogni caso il dato è evidente: almeno per quel che riguarda il governo dell’immigrazione quest’ultima non sta cambiando gli orientamenti del popolo.

***

Considerata, infine, in un quadro specificamente europeo, la nuova legge britannica ci propone una drammatica tensione.

Da dove vengono, infatti, i richiedenti asilo che le autorità britanniche vogliono trasferire in Ruanda? Dal continente europeo. Guardando all’immediata provenienza, dalle coste francesi; guardando un poco più ampiamente al percorso, spesso dall’Italia dove sono giunti dopo aver traversato il Mediterraneo per poi passare in Francia attraverso l’ormai per questo famoso valico di Ventimiglia. Dunque, la realtà ci parla di persone che fuggono da Paesi dell’Unione europea; e dobbiamo anche considerare che questi ultimi sono/dovrebbero essere “sicuri” secondo le regole del diritto internazionale, ossia rispettosi dei diritti umani e in primis del diritto d’asilo.

Questo scenario di fatto può essere variamente considerato, ma comunque incorpora specifiche tensioni a livello europeo. Un britannico, in una discussione con un “europeo” critico in nome dei diritti umani della legge appena varata dal Parlamento di Westminster potrebbe non senza ragione usarlo per osservare che la nuova normativa si applica a ingressi illegali di persone provenienti da un Paese, quale la Francia, “sicuro”; che, in alternativa, le autorità del Regno Unito potrebbero legittimamente secondo quanto stabilito dal diritto internazionale rimpatriare i richiedenti asilo nella “sicura” Francia da dove provengono; che  “noi europei” forse non critichiamo la legge appena approvata da Westminster perché davvero preoccupati dei diritti umani ma perché temiamo che il suo effetto deterrente ci costringa a “tenerci” persone che non vogliamo pur ricadendo sotto la nostra responsabilità (per questo ad esempio i media francesi starebbero dando tanto spazio all’orientamento contrario alla nuova legge inglese con lo stesso spirito che in parte spiega l’orientamento critico dei media italiani rispetto ai controlli francesi al valico di Ventimiglia); e, infine, che se decine di migliaia di persone, pur con gravi rischi e incertezze, affrontano il mare per fuggire dall’Europa creando problemi al Regno Unito forse i Paesi dell’Unione europea non sono quel paradiso dei diritti umani e delle opportunità per tutti che si vantano di essere.

Dal punto di vista dell’Unione europea, d’altra parte, questo scenario di fatto ci parla di un almeno parziale fallimento delle politiche d’asilo. Perché due dati emergono evidenti.

Il primo è che, in una qualche misura, i richiedenti asilo tentano la via della Manica perché in Italia e in Francia il sistema d’accoglienza non appare in grado d’offrire loro opportunità per una positiva integrazione socioeconomica.

Il secondo è che gli attraversamenti della Manica nel loro tratto di essere fuori dal controllo delle autorità – che giustifica in una qualche misura i timori dell’opinione pubblica britannica e la nuova legge che cerca di rispondervi – sono parte di un più generale disordine in Europa dove i cosiddetti movimenti secondari si sviluppano in generale incontrollati.

E questo perché i diversi Paesi e l’Unione non sono stati capaci finora di prendere atto del fatto che le differenze sul piano delle opportunità e altri fattori come quello linguistico o la preesistenza di legami familiari spingono comunque molti richiedenti asilo a muovere da un Paese all’altro e soprattutto trarne le dovute conseguenze costruendo un sistema di movimento controllato-legale da un Paese all’altro dei richiedenti asilo, eventualmente da proporre anche al Regno Unito come alternativo agli attuali flussi incontrollati (anche il Nuovo Patto su migrazione e asilo approvato nei giorni scorsi dal Parlamento europeo purtroppo non va certo sul serio in tale direzione).