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Metropolis 2019 “The Promise of Migration Inclusion, Economic Growth and Global Cooperation”

Ottawa, Canada
24 – 28 giugno 2019

https://www.internationalmetropolis2019.ca/en/index.html

Molte riflessioni e numerosi spunti operativi hanno reso interessanti i lavori della Conferenza a Ottawa, accostando analisi scientifiche a esempi efficaci di politiche pubbliche per l’immigrazione da parte di attori istituzionali e non. Non a caso il primo pensiero è rivolto alla peculiarità del Canada, proprio in riferimento al fenomeno migratorio. Un modello, quello canadese, in grado (da molto tempo) di permettere l’integrazione fra etnie e culture diverse in un contesto totalmente interdipendente sotto il profilo culturale, economico, sociale e politico. La domanda, spontanea, che rivolge l’osservatore sia pur simpatetico anche se imparziale nei confronti dell’integrazione canadese va in questa direzione: è, tale modello, replicabile dappertutto? Il Canada presenta vantaggi sotto il profilo territoriale (è il secondo Stato più grande al mondo dopo la Russia), è ricco di molte risorse energetiche e materie prime, la cui popolazione con una eterogeneità etnico-culturale assai marcata non arriva ai 40 milioni di abitanti. Tutte condizioni che permettono di affrontare il tema delle migrazioni (vecchi e nuove) con una certa tranquillità, sia dal punto di vista della gestione del fenomeno sia dal punto di vista del consenso sociale e politico interno.

Metropolis 2019 ha forse risentito di questa cornice, al punto tale che anche le tematiche affrontate durante la Conferenza Internazionale avevano un sguardo forse troppo rivolto alla dimensione domestica e locale canadese. Una realtà che altre parti del mondo (dal sud del Mediterraneo all’America centrale e latina, solo per fare due esempi) devono affrontare con altri strumenti non solo e non tanto di carattere concettuale (tutti noi auspichiamo il modello liberal-democratico) bensì di carattere operativo. Realtà tanto diverse i cui vincoli sono maggiori e le incognite per la realizzazione di ‘buone’ politiche pubbliche sono molteplici, proprio per la mancanza di una situazione stabile, sia sotto il profilo istituzionale sia per la diversa dimensione demografica e per la variabile ambientale.

In ogni caso si è presentato un programma ricco di analisi teoriche e dati empirici, con plenarie di elevata caratura e con relatori di diversa provenienza (studiosi, operatori e rappresentanti delle istituzioni ai diversi livelli, dall’ente locale alle nazioni Unite): https://www.internationalmetropolis2019.ca/en/plenary-speakers.html#plenary-speakers. Plenarie seguite da workshop altrettanto interessanti e ricchi di spunti di riflessione (https://www.internationalmetropolis2019.ca/en/workshops.html#workshops) dove, attraverso la conoscenza comparata, è stato possibile immaginare soluzioni micro, meso e macro al fenomeno ormai strutturale dell’immigrazione, riguardante l’Africa o l’America latina (pensiamo ai 5 milioni di venezuelani in fuga per motivi di natura politica).

Se dunque le democrazie occidentali, italiana o canadese che siano, sono basate sulla solidarietà all’interno dei confini statali – onde onorare il principio fondamentale di uguaglianza di cittadinanza (altra cosa sono i diritti umani…) – possiamo affermare che, sia dal punto di vista culturale e sociale sia da quello più propriamente politico, emerge chiaramente che il problema delle migrazioni ha tempi di soluzione molto lunghi. Sicché, il fenomeno impone la domanda fondamentale della sociologia: che cos’è oggi la società e come può sopravvivere tenendo insieme tanto la cooperazione quanto il conflitto, dimensioni strutturali della stessa società?

Di qui il filo conduttore della settimana a Ottawa: da un lato, maggiori sforzi dovranno essere orientati alla comparazione e valutazione di modelli socio-culturali differenti, dall’altro, dal tipo di politiche implementate dipende sia la tenuta sia la credibilità dei sistemi liberal-democratici, a dimostrazione di quanto la via al riconoscimento della cittadinanza universale sia tanto difficile da raggiungere. E proprio per questo, la Conferenza di Ottawa si è posta l’obiettivo di fornire un sostegno di riflessione teorica e di expertise tecnica a tutti gli studiosi e operatori (pubblici e privati) riconducibili al mondo dell’immigrazione, attraverso strumenti di approfondimento sui principali temi di interesse collettivo.

In particolare ci si è rivolti alle amministrazioni centrali e periferiche e agli enti pubblici e del terzo settore, tenendo conto del momento di rapida trasformazione ed evoluzione (o involuzione) dei regimi politici (dalle liberal-democrazie ai regimi ibridi ai regimi non democratici), dei sistemi di welfare, degli assetti istituzionali, delle procedure amministrative e dei diversi e spesso confliggenti comportamenti individuali e collettivi.

L’intento della Conferenza è stato raggiunto, proprio nel mettere in comune competenze diverse, approcci di analisi, materiali di studio e di lavoro, al fine di valorizzare il patrimonio conoscitivo esistente e le varie esperienze presenti su scala internazionale, nazionale e locale.

 

Nicola Pasini – Fondazione ISMU