Spontini Holding
1 Marzo 2021
Progetto “#Design Thinking Talent for Refugees”
2 Marzo 2021
Spontini Holding
1 Marzo 2021
Progetto “#Design Thinking Talent for Refugees”
2 Marzo 2021

Questa iniziativa – realizzata dall’ente promotore – è stata selezionata per la Mappatura delle buone pratiche per l’inclusione lavorativa di migranti e rifugiati curata dal Settore Economia e Lavoro di Fondazione ISMU ETS.

Le organizzazioni promotrici

FONDAZIONE ADECCO PER LE PARI OPPORTUNITÀ

UNHCR ITALIA

 

Gli enti partner

Molteplici, tra cui: Servizio Centrale SAI/SIPROIMI e progetti locali SAI/SIPROIMI con persone rifugiate in carico; ITER (Istituto Terapeutico Romano), Roma; varie cooperative sociali; rete di aziende per l’inserimento lavorativo

Quando

Dicembre 2018 – Dicembre 2019

Dove

Territorio nazionale (in particolare le aree di Milano e Roma)

 

Gli ambiti di intervento

      • Formazione e sviluppo professionale
      • Tirocini e accompagnamento al lavoro
      • Welfare aziendale e responsabilità sociale d’impresa
      • Diversity management e valorizzazione della diversità culturale e religiosa

 

Il target

Il progetto si è rivolto a migranti titolari di protezione internazionale, con attenzione particolare alle donne rifugiate in condizioni svantaggiate.

L’obiettivo

Nato come prosecuzione del Progetto DOMUS (Developing COMmon Paths for a SUSstainability Inclusion), a sua volta promosso da Fondazione Adecco e UNHCR e concluso nel 2018, il Progetto MEP ha avuto lo scopo generale di promuovere l’inclusione lavorativa di persone rifugiate, anche attraverso la messa a punto di nuovi strumenti per gli operatori del sistema di accoglienza. In questa cornice, gli obiettivi condivisi nella rete di progetto sono stati mirati a

  • riconoscere esperienze pregresse e conoscenze/competenze (anche potenziali) dei beneficiari per migliorare la risposta a opportunità professionali coerenti con il profilo posseduto e/o il ruolo esercitato nel paese di origine
  • facilitare, quindi, il recupero della capacità lavorativa, intesa sia come ri-acquisizione di skill ed eventualmente di una dimensione professionale, sia come riduzione della “distonia” che facilmente deriva dal percepirsi ai margini del mondo del lavoro
  • prevenire il dumping retributivo e il livellamento della professionalità dei rifugiati su profili lavorativi a bassa qualificazione
  • ridurre la presenza e l’effetto di stereotipi di carattere professionale e culturale riferiti alle persone titolari di protezione internazionale
  • ridurre – in ultima analisi – l’instabilità professionale, il rischio di irregolarità contrattuale, la disoccupazione/inoccupazione con i conseguenti fenomeni di disagio sociale.

Più in particolare, il progetto ha previsto due ampi sotto-obiettivi coinvolgenti altrettante categorie di beneficiari

1) Rifugiati con alto profilo professionale (medium-high employability refugees)

  • identificare le caratteristiche che contraddistinguono i rifugiati con profili professionali elevati
  • modellare un processo di mobilità interregionale per i rifugiati situati in contesti con scarse opportunità
  • diffondere il derivante modello di mobilità tra regioni

2) Donne rifugiate in situazione di vulnerabilità

  • sviluppare specifiche competenze e metodologie per gli operatori, psicologi ed educatori attivi nei centri di accoglienza e negli enti coinvolti nelle politiche di integrazione, in particolare rispetto al percorso di inclusione delle donne rifugiate
  • aumentare l’occupabilità di queste ultime in relazione alle attività per l’inclusione socio-lavorativa condotta dagli attori del sistema di accoglienza
    • diffondere il derivante modello di inclusione socio-economica delle donne rifugiate in condizioni vulnerabili.

Le attività

Sulla base dell’insieme e dell’intreccio degli obiettivi previsti, le attività del progetto si sono svolte nell’ambito di due macro-azioni.

La prima – condotta sul territorio nazionale – ha riguardato la realizzazione di percorsi di inclusione socio-lavorativa per rifugiati con occupabilità medio-alta, grazie all’elaborazione e all’utilizzo di uno specifico high employability tool e all’adozione di un sistema di mobilità geografica. Ciò ha previsto due fasi centrali: a) la messa a punto, tramite processi di focus group, di uno strumento di rilevazione in grado di identificare caratteristiche “hard” e “soft” dei profili professionali dei rifugiati e della loro occupabilità (tenendo attentamente conto di come, aldilà della nota questione del riconoscimento dei titoli, spesso le abilità pregresse e i percorsi di studi risultino di difficile interpretazione nel contesto formativo e professionale italiano); b) l’inserimento lavorativo nelle aziende partner, in special modo attraverso percorsi di tirocinio e formazione aperti eventualmente a forme di stabilizzazione contrattuale.

La seconda linea di azione – implementata nelle aree di Milano e Roma – ha riguardato la formazione teorico-pratica su metodologie innovative indirizzata a operatori dei progetti di accoglienza della rete SAI/SIPROIMI e volta a realizzare la co-conduzione di un gruppo di orientamento di donne rifugiate in condizioni di vulnerabilità. Concretamente, si sono coinvolti 21 operatori e 27 donne rifugiate in un percorso comprendente le fasi  ⇒

  • intervista partecipata di gruppo, finalizzata a co-costruire l’intervento formativo sulla base dei principi del Community-Based Approach;
  • formazione di gruppo di 30 ore, mirata al trasferimento della metodologia di accompagnamento all’inclusione lavorativa mediante moduli dedicati alla conduzione dell’orientamento di gruppo narrativo, al bilancio di competenze, alla corporate partnership e allo skill audit;
  • sperimentazione sul campo delle competenze acquisite tramite la co-conduzione, con la presenza del docente, di un percorso di orientamento di gruppo di 20 ore rivolto a donne rifugiate in situazione di vulnerabilità;
  • applicazione del bilancio di competenze attraverso attività di coaching da parte dei docenti;
  • coaching diretto ai percorsi di inclusione.

Le fonti di finanziamento

Risorse dei promotori e partner del progetto; nel caso dei tirocini, risorse pubbliche e risorse delle aziende coinvolte.

 

I risultati ottenuti in termini quantitativi

Lo svolgimento del progetto ha permesso l’integrazione lavorativa di 48 persone titolari di protezione internazionale, tra cui 27 donne in condizioni vulnerabili. Inoltre, si è promosso lo sviluppo di competenze di 21 operatori coinvolti nel sistema e nei progetti di accoglienza, consentendo loro di formarsi su metodologie innovative utilizzabili per aumentare l’occupabilità e l’integrazione nel mercato del lavoro delle donne rifugiate.

 

I risultati ottenuti in termini qualitativi

La realizzazione di MEP come progetto multistakeholder e multilivello si è inserita in maniera coerente sulla piattaforma già consolidata delle iniziative promosse da Fondazione Adecco (specie in partnership con UNHCR) a favore dell’inclusione socio-lavorativa di rifugiati o richiedenti asilo, dando continuità a questo “sistema” e, al contempo, introducendo specifici aspetti di innovazione. Allo stesso modo, si può sicuramente ritenere che l’esperienza e i risultati conseguiti abbiano a propria volta generato un repertorio di risorse (in termini di apprendimento ed expertise, creazione e rafforzamento di reti, ecc.) funzionale allo sviluppo di ulteriori progetti promossi o partecipati dalla Fondazione successivamente alla conclusione di MEP.

Sul piano qualitativo e delle implicazioni, si possono individuare due ulteriori risultati significativi. Il primo consiste nell’avere avvicinato il mondo delle grandi aziende alla realtà del sistema di accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo, ovvero un contesto che di solito maggiormente si interfaccia, sulla base di elementi di conoscenza e relazione a livello locale, con le piccole e medie imprese. In secondo luogo, si è definito, efficacemente sperimentato e reso disponibile un modello di formazione train-the-trainer in un’area relativamente “inconsueta” per l’applicazione di questo tipo di approccio come il processo di inclusione dei migranti.

Sul fronte specifico degli inserimenti lavorativi dei beneficiari, gli esiti di MEP hanno sostanzialmente confermato la plausibilità dell’orientamento con cui Fondazione Adecco si impegna, da vari anni, a coinvolgere direttamente il mondo d’impresa nella promozione dell’integrazione socio-occupazionale dei migranti; una prospettiva, cioè, che invita non solo a condividere le basi etiche e filantropiche dell’inclusione, ma anche e soprattutto a riconoscere e valorizzare – in una genuina prospettiva di diversity management – il contributo che il capitale umano rappresentato dai migranti può apportare alle stesse prestazioni organizzative. Come emerso dagli eventi di comunicazione/disseminazione che hanno accompagnato lo sviluppo e la conclusione del progetto, si tratta di un aspetto (p.es., in termini di motivazioni, di clima organizzativo e di qualità del confronto nei gruppi di lavoro) che buona parte delle aziende partecipanti alla fase di inserimento ha avuto modo di riscontrare al proprio interno.

 

I punti di forza

Tra i fattori principali che hanno contribuito al buon esito di MEP, si possono ravvisare i seguenti: a) l’esperienza e le competenze già possedute da Fondazione Adecco nello sviluppo di progetti multistakeholder finalizzati all’inclusione socio-lavorativa dei migranti e in particolare di rifugiati e richiedenti asilo; b) la collaborazione, già collaudata e fondata su una condivisione di lungo periodo (tuttora all’opera in successivi progetti), della Fondazione col main partner UNHCR; c) l’impostazione progettuale “ambiziosa”, attraverso l’adozione sia della cornice di riferimento del diversity management che di finalità e soluzioni metodologiche innovative; d) l’elevato grado di coinvolgimento e la capacità di mutuo coordinamento degli attori del network di progetto, provenienti da settori di azione differenti e chiamati a impegnarsi in un sistema articolato di attività.

 

Le criticità

Non si riportano particolari o serie criticità nello svolgimento del progetto, a parte le “naturali” difficoltà legate a specifiche fasi operative (p.es., la costruzione di percorsi di incremento della employability e di inclusione calibrati sui diversi beneficiari).

 

Le prospettive future

Come già avvenuto con DOMUS proprio rispetto a MEP, l’esperienza e i risultati conseguiti mediante quest’ultimo vengono anche intesi – da entrambi i partner promotori – come risorse e repertorio di “lessons learned” in funzione dello sviluppo di ulteriori iniziative nel campo dell’integrazione socio-lavorativa dei migranti. Ciò, in particolare, con riferimento a nuove attività in partnership progettate o già avviate nel corso del 2020.

 

Aggiornato al 23.12.2020