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Questa iniziativa – realizzata dall’ente promotore – è stata selezionata per la Mappatura delle buone pratiche per l’inclusione lavorativa di migranti e rifugiati curata dal Settore Economia e Lavoro di Fondazione ISMU ETS.

L’ente promotore

KILOWATT SOC. COOP.  (https://kilowatt.bo.it/)

Gli enti partner

Cooperativa sociale Pictor, azienda agricola Floema, azienda agricola biologica Holerilla, Ong Tamat, S.R.L. Local to you, Vetro – Bistrot delle Serre dei Giardini Margherita, ResCUE-AB – Centro Studi del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna.

Quando

Il progetto viene avviato a livello sperimentale nel 2016, ma prende forma strutturata nel 2017.

Dove

Nell’area metropolitana di Bologna (con alcune sperimentazioni nel territorio di Perugia).

Gli ambiti di intervento

  • Tirocini e accompagnamento al lavoro
  • Job creation e auto-imprenditorialità

Il target

Persone migranti e consumatori consapevoli, ossia interessati a nutrirsi in modo sano e nel rispetto di determinati criteri di sostenibilità.

L’obiettivo

Semìno intende promuovere opportunità di inclusione socio-lavorativa per persone migranti, facendo leva sulle loro competenze pregresse e generando un circuito virtuoso in grado di associare sostenibilità ambientale, dignità del lavoro, abitudini alimentari sane e cultura dell’integrazione.

Le attività

L’intuizione che sta alla base del progetto si lega al percorso avviato da Kilowatt nelle Serre dei Giardini Margherita (Bologna). Le Serre nascono nel 2015 e sono il frutto dell’attività di rigenerazione urbana avviata da Kilowatt nell’ambito di uno spazio pubblico del Comuhne di Bologna. Lo spazio, rimesso in uso dopo vent’anni di abbandono, viene pensato come un community hub, ossia un luogo aperto alla città, in grado di offrire una serie di opportunità e servizi alla comunità territoriale di riferimento.

All’interno delle Serre, ad esempio, viene creato un piccolo orto, adibito a forme di coltivazione collettiva, che offre ai cittadini sia occasioni di socializzazione sia, grazie alla collaborazione con un giardiniere professionista, la possibilità di avvicinarsi ad alcune tecniche di coltivazione biologica. All’interno delle Serre, inoltre, Kilowatt gestisce il ristorante vegetariano Vetro, dove lavorano diverse persone migranti. Due di loro, provenienti dal Bangladesh, decidono di coltivare nell’orto la momordica charantia (detta anche “melone amaro”), una coltura molto comune nel loro contesto d’origine, di cui si sono procurate i semi durante un viaggio in patria. La pianta, inusuale in contesto italiano e molto bella alla vista, attira l’attenzione della community raccolta intorno all’orto e i due hanno l’opportunità di raccontare come il suo frutto venga utilizzato nella loro cultura d’origine, tanto in cucina, quanto nella medicina tradizionale. I più curiosi hanno poi la possibilità di assaggiare alcune pietanze preparate con questo ortaggio nella cucina di Vetro.

Questa esperienza spontanea di scambio interculturale risveglia in Kilowatt l’interesse per le “colture di altrove”, di cui molti migranti residenti in Italia conoscono i segreti, tanto a livello di tecniche di coltivazione, quanto a livello di utilizzo. Grazie a un periodo di approfondimento e riflessione vengono messe a fuoco le potenzialità di tali colture. Innanzitutto molti di questi prodotti sono ricchi di proprietà nutritive e terapeutiche, di grande interesse anche per la nutraceutica. Spesso, inoltre, si tratta di colture resilienti, ossia con un impatto idrico estremamente limitato. Infine, questi ortaggi offrono ai locali l’occasione di conoscere culture e saperi millenari e ai migranti di raccontarsi e di mettere a frutto, per il bene della collettività, le proprie competenze pregresse in campo agricolo. Grazie a questi saperi diventa infatti possibile coltivare in loco prodotti che altrimenti dovrebbero essere importati, con grandi costi sul piano ambientale.

Kilowatt individua inoltre due categorie di potenziali acquirenti: da un lato i migranti, verosimilmente desiderosi di riscoprire abitudini alimentari necessariamente abbandonate con la migrazione, dall’altro i consumatori consapevoli, convinti dell’importanza di un’alimentazione sana e attenti ai temi della sostenibilità ambientale.

Viene così avviata, a livello del tutto amatoriale, una sperimentazione: grazie alle competenze dei migranti coinvolti in Kilowatt, nell’orto delle serre sono messe a coltura due specie: lo spinacio indiano e la patata viola, allo scopo di verificarne la compatibilità con il terreno e il contesto climatico locali. La risposta delle colture è positiva e i prodotti vengono utilizzati per arricchire il menù proposto da Vetro. È l’occasione per sperimentare nuove ricette in grado di valorizzare questi ortaggi e, insieme, di testare il livello di gradimento mostrato dagli ospiti del ristorante, che nella maggior parte dei casi rappresentano il target dei consumatori consapevoli. I nuovi sapori vengono apprezzati, ma emerge l’importanza di accompagnare alla proposta culinaria una narrazione, in grado di veicolare il valore degli ortaggi esotici e di familiarizzare i consumatori alle loro caratteristiche e al loro possibile utilizzo in cucina.

L’esito della sperimentazione è d’incoraggiamento per l’avvio di un progetto più strutturato che ottiene anche finanziamenti esterni. Vengono selezionate alcune colture rispondenti a criteri nutrizionali e di resilienza. Si tratta di ortaggi e spezie presenti nell’alimentazione delle culture d’origine dei migranti e difficilmente reperibili sul mercato locale. Perlopiù sono specie che non hanno mai fatto parte della tradizione agricola italiana; in altri casi, come per il fagiolo dall’occhio, sono colture un tempo comuni in loco, ma che, nel corso dei secoli, sono state soppiantate da altri prodotti. Viene creata una partnership di soggetti in grado di sviluppare l’intera filiera alimentare. La Cooperativa Sociale Pictor mette a disposizione la manodopera, che include anche persone migranti, e 3 ettari di terreno su cui avviare l’attività di agricoltura biologica. Local To You crea canali di vendita tramite una piattaforma e-commerce, il rifornimento di ristoranti e di piccoli negozi e la distribuzione attraverso gruppi d’acquisto. Kilowatt mette a disposizione il ristorante Vetro, dove sperimentare, anche grazie alla collaborazione dei dipendenti migranti, ricette da accompagnare ai prodotti in vendita. Conduce inoltre una ricerca di mercato, per analizzare caratteristiche e preferenze dei target di acquirenti individuati, e, su questa base, gestisce la comunicazione e la promozione dei prodotti. Per ridurre il rischio d’impresa in capo a coltivatore e distributore, viene attivata una collaborazione con il Centro Studi del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna, che mette a disposizione un agronomo per il monitoraggio e la supervisione scientifica e tecnica delle coltivazioni. Grazie a quest’attività, dopo due stagioni di produzione vengono elaborati dei disciplinari di coltivazione, ossia delle linee guida per una coltura ottimale dei prodotti selezionati. Si tratta di un punto di riferimento importante da cui partire per un’ulteriore crescita del progetto.

Dopo un periodo di messa a punto dell’attività di produzione e distribuzione, infatti, la rete si espande grazie al coinvolgimento di altre due aziende agricole. L’obiettivo è aumentare i livelli di produzione e, di conseguenza, le possibilità di lavoro per le persone interessate al settore. In particolare, Kilowatt facilita il contatto tra aziende agricole e realtà impegnate nell’accoglienza di richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale, allo scopo di coinvolgere nell’attività agricola un numero sempre più ampio di persone migranti, tramite l’attivazione di tirocini.

Le fonti di finanziamento

La fase di sperimentazione è condotta senza finanziamenti esterni, grazie all’attività di volontari. Il progetto nella sua forma più strutturata è realizzato grazie al finanziamento ottenuto da UniCredit Foundation attraverso la partecipazione al Bando UniCredit Carta E 2017.

I risultati ottenuti in termini quantitativi

Ad oggi le aziende agricole coinvolte nella partnership sono 5. Sono stati attivati 7 tirocini rivolti a persone migranti. I migranti assunti da soggetti appartenenti alla rete sono invece 2.

Tra il 2017 e il 2020 sono stati coltivati i seguenti ortaggi: fagiolo dall’occhio, edamame, curcuma, okra/gombo, shiso, tat soi, pak choi e brassica mizuna. Ogni coltivatore sceglie di anno in anno cosa coltivare, in base alla sua clientela e alla dimensione e tipologia del terreno che ha a disposizione.

Ad oggi sono stati coltivati circa 4 ettari di terreno.

I risultati ottenuti in termini qualitativi

Innanzitutto, proponendo e promuovendo sul mercato prodotti dall’elevato valore nutritivo, il progetto Semìno contribuisce alla promozione di un’alimentazione sana. Inoltre, coltivando e commercializzando prodotti esotici a livello locale, contribuisce sia a ridurre le importazioni dall’estero e insieme il loro impatto ambientale, sia a valorizzare il lavoro dei piccoli produttori locali, sia ancora a creare per i migranti opportunità occupazionali in grado di mettere a valore i loro saperi tradizionali e di favorire il loro coinvolgimento attivo nella creazione di benessere per la comunità. Infine, la distribuzione dei prodotti Semìno diventa l’occasione per raccontare i sapori e le tradizioni delle comunità migranti, promuovendo lo scambio interculturale e una cultura dell’integrazione.

I punti di forza

I prodotti Semìno sono etici, sostenibili e sani. La loro forza risiede nella potenzialità di impatto positivo a più livelli: dalla salute individuale, a quella ambientale, a quella socio-culturale. È su questa peculiarità, legata all’originalità della formula progettuale, che si fonda il marketing dei prodotti, apprezzati per il loro racchiudere in sé molteplici effetti benefici.

I disciplinari di coltivazione realizzati sono a disposizione di tutti gli interessati e vengono distribuiti in maniera open source.

Le criticità

Un elemento di complessità risiede nella necessità di sviluppare un solido modello di sostenibilità economica, che consenta di portare avanti le attività avviate anche in assenza di finanziamenti esterni. Nell’elaborazione del modello è necessario prendere in considerazione una serie di criticità.

Semìno commercializza prodotti non presenti nella tradizione culinaria locale e poco conosciuti dai consumatori italiani. La loro vendibilità non può prescindere da una comunicazione attenta, che, attraverso una narrazione del prodotto, costruisca intorno a esso significati positivi e accompagni i consumatori nella preparazione di piatti innovativi. Solo con una paziente e incisiva attività di comunicazione il posizionamento dei prodotti Semìno nella mente dei consumatori consapevoli potrà migliorare significativamente. Si tratta di un passaggio indispensabile per coinvolgere nella distribuzione anche i migranti, che potrebbero rappresentare un ampio gruppo di acquirenti, ma che al momento sono disincentivati all’acquisto dai costi troppo elevati. Ampliando il mercato dei prodotti Semìno sarà possibile ridurne il prezzo, rendendoli accessibili anche a target con un potere di acquisto limitato.

Le prospettive future

Si intende continuare a lavorare sulla comunicazione, adottando un approccio pop, leggero e accattivante. Per promuovere la sensibilizzazione dei consumatori consapevoli, si mira ad ampliare la rete di ristoranti aderenti al progetto, in modo da poter sperimentare ricette sempre nuove, da accompagnare ai prodotti in vendita. Nel tempo, infine, si auspica un ampliamento della rete di coltivatori e distributori. Tale ampliamento, però, deve essere graduale e fondarsi su basi molto solide, in modo da non minare la sostenibilità del progetto.

 

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Aggiornata a marzo 2020.