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Tra affluenza e risultati: un’Europa sottosopra

Elezioni partecipate, nonostante tutto. A livello europeo, dal 1984 al 2014 l’affluenza era risultata regolarmente in calo. Al contrario, nel 2019 e nel 2024 l’affluenza è cresciuta, dimostrando che i cittadini europei (non quelli italiani) riconoscono l’Unione come uno spazio politico in cui opinioni e gruppi politici competono gli uni con gli altri attraversando i confini degli Stati membri. L’importanza dell’Europarlamento è sancita dal voto di centinaia di milioni di europei. Tuttavia le urne danno ragione a chi vorrebbe vedere ridotto quello spazio politico: i nazionalisti, i sovranisti, le destre estreme antieuropee, tutte forze che, con bizzarri giri della storia, sono passate dal rifiuto dell’Unione al tentativo di cambiarla dall’interno. L’ascesa delle destre è evidente in cinque dei sei Paesi fondatori: Germania, Francia, Italia, Olanda, Belgio; immune solo il Lussemburgo.

In Italia un risultato pare certo: il partito della Presidente del Consiglio è stato quello più votato sfiorando il 29 per cento dei voti. Un risultato in controtendenza rispetto a quanto avvenuto in Francia e Germania, dove i risultati delle elezioni europee hanno confermato una delle caratteristiche tipiche delle elezioni di second’ordine: punire i partiti al governo. Meloni non ha per nulla sofferto della maledizione dei governanti, anzi, ha incrementato la percentuale di voti rispetto alle politiche del 2022 (28,81 contro 26), seppur soffrendo di un’emorragia di votanti (circa 600 mila voti in meno rispetto al 2022). È vero che, storicamente, la partecipazione alle elezioni politiche è più elevata rispetto ad altri appuntamenti elettorali, ma è anche vero che il partito della principale sfidante della Presidente, il PD di Elly Schlein, ha ottenuto, nonostante l’astensione più alta, oltre 200 mila voti in più rispetto alle politiche del 2022, guadagnando circa 5 punti percentuali. Senza dubbio a risultare sconfitto è il Movimento 5 stelle, sia in termini assoluti che percentuali: dal 17,06 delle Europee 2019, al 15,4 delle Politiche 2022, al 9,91 dello scorso fine settimana. Ma in termini assoluti sono due milioni di voti in meno.

Se guardiamo al tema più caldo, e cioè al dilemma della guerra, le analisi precedenti il voto lasciavano presagire che gli italiani, stufi e timorosi, avrebbero premiato i partiti pacifisti (5 stelle, Lega e Pace Terra e Dignità). E invece i 5 stelle hanno subito una sonora sconfitta, Salvini non può compiacersi del risultato elettorale e la lista di Michele Santoro non si è nemmeno avvicinata allo sbarramento. Al contrario, i primi due partiti, Fratelli d’Italia e Partito Democratico, sono forze atlantiste, convintamente schierate a difesa dell’Ucraina, ma con la dovuta cautela.

Ed è proprio la guerra in Ucraina che pare aver avuto un peso determinante nelle scelte degli elettori dei due principali paesi Europei. In Francia, il partito del Presidente Macron crolla e la (ex?) filo-russa Marine Le Pen trionfa. In Germania avanza l’AfD (con il 15,9% è ora il secondo partito tedesco) e il cancelliere Scholz prova a raccogliere i cocci (due punti percentuali sotto il partito di estrema destra). Anche in altri Paesi i partiti filorussi hanno riscosso successi: 6 seggi in Austria, Romania e Polonia, 3 seggi in Bulgaria, 2 seggi in Lettonia e Slovacchia. Dall’altro lato, in Ungheria, il partito di Orbán ha vinto, ma perdendo molti consensi. Nonostante ciò, i due principali gruppi della “maggioranza Ursula”, il Partito popolare europeo e i Socialisti & Democratici, restano i gruppi più forti e decisivi all’Europarlamento. Il successo delle destre non pare quindi di particolare aiuto alla causa di Putin.

Se le urne non hanno davvero indebolito il sostegno a Kiev, hanno però rinvigorito le forze anti-europeiste, quelle che vogliono riportare fette di sovranità nelle mani dei governi nazionali. L’ultimo sondaggio Eurobarometro (aprile 2024) ha fatto emergere un quadro molto netto: rispetto ai paesi dell’Europa occidentale e settentrionale, nei paesi dell’Europa centro-orientale risulta maggiore il numero di rispondenti che si ritiene “abbastanza d’accordo” o “molto d’accordo” con l’affermazione “Il mio paese starebbe meglio fuori dall’UE”. Anche in questo caso l’Italia rappresenta un’eccezione, attestandosi al secondo posto, dopo la Polonia, per euroscetticismo.

Marta Regalia, ricercatrice settore Europa e Paesi Terzi

13.6.2024