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Ucraina, Europa, Italia: l’empatia del diritto

Via, pensieri, voi, nubi autunnali!
Ora è la primavera dorata!
Forse nell’amarezza, nel pianto
Passeranno gli anni della giovinezza?

     No, voglio ridere attraverso le lacrime,
Intonare canzoni nel dolore,
Sperare comunque senza speranze,
Voglio vivere! Via, pensieri tristi!

È ormai chiaro che il conflitto in Ucraina sia arrivato ai livelli di una vera e propria crisi umanitaria nel cuore dell’Europa. L’ultimo aggiornamento UNHCR ha segnalato che, dal 24 febbraio al 16 marzo, 3.063.095 rifugiati dall’Ucraina hanno attraversato i Paesi vicini in cerca di sicurezza. È, sempre secondo l’Agenzia Onu, la crisi di rifugiati che cresce più velocemente in Europa dalla seconda guerra mondiale. La maggior parte di essi si è rifugiata in Polonia, poi in Ungheria, Slovacchia, Romania, Moldavia, mentre altri hanno proseguito in direzione di altri Paesi europei, circa 300mila persone .

Fonte: UNHCR del 14 marzo 2022

A seguito della proposta della Commissione, il 4 marzo 2022 il Consiglio dell’Unione europea, con la Decisione 2022/382, ha deciso di attivare la Direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea, osservando l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati che hanno lasciato l’Ucraina a seguito di conflitto e tentando di creare un canale sicuro e legale di arrivo e accoglienza dei profughi sul territorio dell’Unione. La Decisione 2022/382 è entrata in vigore il 4 marzo 2022. Come illustrato e approfondito nelle osservazioni ISMU dell’11 marzo “L’accoglienza dei profughi ucraini nell’Unione Europea”, un unicum del diritto comunitario: la misura di carattere eccezionale, silente dalla sua approvazione (quindi ben ventun anni fa) è stata per la prima volta attivata di fronte a una situazione geopolitica inedita sul territorio europeo.

Sul piano interno, il Governo italiano dovrà a breve dare attuazione alla Decisione 2022/382 per mezzo di un Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DPCM) previsto dall’art. 20 del Testo Unico Immigrazione, e dall’art. 3 del Decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85, che costituisce norma interna di recepimento della Direttiva 2001/55/CE.

L’Italia, peraltro, fino all’invasione era il primo Paese europeo per presenza di cittadini ucraini[1]. Essi, con circa 240mila persone, rappresentavano la quinta popolazione straniera per numerosità, con una fortissima presenza femminile. La previsione per cui molti dei familiari delle persone ucraine che vivono in Italia si dirigano verso il nostro Paese è dunque concreta.

Il 25 febbraio 2022, in seguito all’invasione russa nel territorio ucraino, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per intervento all’estero in seguito alla crisi in Ucraina. Questa misura assicura il concorso dello Stato italiano alle iniziative di protezione civile a supporto della popolazione colpita, anche attraverso interventi straordinari ed urgenti[2]. Per gli interventi di assistenza sono stanziati 10 milioni di euro, a carico del Fondo per le emergenze nazionali. Il Ministero dell’Interno sta monitorando l’arrivo degli sfollati: al 16 marzo sono 44.008 i profughi in fuga dal conflitto in Ucraina arrivati in Italia. La maggioranza rimane composta da donne, 22.331, e da minori, 17.858, mentre gli uomini sono 3.819. Le principali città di destinazione dichiarate al momento dell’ingresso in Italia sono ancora Milano, Roma, Napoli e Bologna. Un numero senza dubbio destinato a salire.

Il Governo italiano con il Decreto legge 28 febbraio 2022 n. 16, “Ulteriori misure urgenti per la crisi in ucraina”, si è impegnato ad aiutare la popolazione ucraina, con un incremento finanziario e di posti nel sistema di accoglienza e integrazione (solo, purtroppo, 3.000 posti), al quale i cittadini ucraini bisognosi potranno accedere senza porre domanda di protezione internazionale ma beneficiando della “protezione temporanea”, di cui però come si illustrava sopra deve ancora essere emanato il DPCM di esecuzione.

Nel frattempo l’Ambasciata Ucraina di Roma ha rilasciato delle note contenenti informazioni e indicazioni per i cittadini ucraini che arrivano in Italia in merito ai loro documenti di identità: per i cittadini ucraini che sono arrivati in Italia privi di documenti, viene prevista un’identificazione presso il Consolato. I passaporti dei cittadini ucraini hanno una validità di ulteriori 5 anni e, inoltre, sui passaporti possono essere inseriti i dati dei figli minori di 16 anni. Con ordinanza del dipartimento della protezione civile del 4 marzo, è stato precisato che lo svolgimento di attività lavorativa (subordinata, stagionale o autonoma) sarà consentita alle persone provenienti dall’Ucraina a seguito della crisi in atto, sulla base della sola richiesta di permesso di soggiorno presentata alla competente Questura.

Il governo, tramite un vademecum pubblicato dal Ministero dell’Interno, ha disposto che i cittadini ucraini in possesso di passaporto siano esentati dal visto d’ingresso e possano rimanere sul territorio italiano fino ad un massimo di 90 giorni dal momento dell’ingresso nell’area Schengen, segnato con un timbro sul passaporto. In caso contrario, è necessario presentare alla Questura una “dichiarazione di presenza”, dopo la quale verranno fornite tutte le informazioni necessarie sulle diverse possibilità di permanenza regolare sul territorio italiano. Una di queste, naturalmente, sarà la possibilità di ottenere la protezione temporanea, ma la procedura esatta di ottenimento di tale tipo di permesso non è ancora stata definita dal Ministero. Non è da escludere che il Governo decida di creare un canale procedurale separato per le persone in fuga dall’Ucraina, senza coinvolgere le Commissioni Territoriali per il riconoscimento del diritto d’asilo, lasciando dunque alle sole Questure il compito di rilasciare il permesso di protezione temporanea dopo una breve istruttoria. Sicuramente il DPCM di esecuzione chiarirà le cose.

Sempre consentita, in parallelo, dovrebbe essere la presentazione della domanda di protezione internazionale. A questo proposito, l’11 marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale che prevede la revisione dell’elenco dei Paesi di origine sicuri ai fini dell’esame delle domande di protezione internazionale. Il decreto sospende dal 12 marzo 2022 al 31 dicembre 2022 l’Ucraina dall’elenco dei Paesi di origine sicuri: le domande di protezione internazionale saranno dunque esaminate secondo la procedura ordinaria e non accelerata. La recente posizione di UNHCR sull’Ucraina ha espresso preoccupazione per i recenti sviluppi del conflitto, che stanno dando luogo a un aumento delle esigenze di protezione internazionale per gli sfollati. Sempre secondo l’Agenzia ONU, tutte le richieste dei cittadini e degli ex residenti abituali in Ucraina che chiedono protezione internazionale dovrebbero essere trattate in procedure eque ed efficienti in conformità con il diritto internazionale e regionale dei rifugiati. Il coordinamento tra le due procedure, quella di protezione temporanea e quella internazionale, sarà certamente definito e chiarito dal DPCM in approvazione.

[1] Sulla diaspora ucraina in Italia e nel mondo, si veda l’approfondimento ISMU del settore statistica “Conflitto Russia-Ucraina: la diaspora ucraina in Italia e nel mondo, ecco i numeri”.
[2] Qui è possibile consultare i provvedimenti normativi sul tema accoglienza dei profughi ucraini a cura del Dipartimento della Protezione civile italiana.

Fino al 31 marzo 2022, le persone ucraine rifugiate potranno permanere nei centri di accoglienza, nel Sistema di accoglienza e integrazione o nelle altre strutture ricettive o presso le abitazioni private messe a disposizione. È stata grandissima infatti, e da non trascurare, anche la risposta della società civile, che in queste settimane si sta attivando sul territorio per predisporre l’accoglienza di numerose famiglie e bambini, anche con inserimento immediato nelle scuole del territorio.

Quello che sta succedendo nel diritto italiano è di fatto un dispiegamento di forze ed energie inedito nel mondo del diritto dell’immigrazione, negli ultimi anni innegabilmente sempre più restrittivo. Sulla spinta della proposta della Commissione Europea prima e su diretta volontà del Governo italiano poi, le misure di accoglienza sono state rapide ed efficienti di fronte all’emergenza della crisi umanitaria a cui stiamo assistendo. L’attivazione della procedura eccezionale della protezione temporanea e la possibilità per i profughi ucraini di spostarsi liberamente nel territorio europeo ne è la principale dimostrazione. Finalmente il diritto europeo ed italiano dell’immigrazione sta dimostrando che accogliere si deve, e soprattutto, si può, senza che questo porti al collasso il sistema di diritto: gli operatori del settore non possono essere che concordi nell’osservare tale fenomeno giuridico. La cosiddetta crisi migratoria del 2015-2016 aveva fatto quasi collassare su sé stesso il sistema comune europeo di asilo, ora invece sembra quasi che la diaspora umanitaria ucraina faccia da carburante alla risposta efficiente del diritto umanitario europeo e italiano. Da notare che i numeri sono imparagonabili: circa 2 milioni di persone allora, arrivate in circa due anni attraverso la rotta mediterranea. Ora già più di 3 milioni di persone, in continuo a rapido aumento (le stime ipotizzano che dall’Ucraina potrebbero fuggire 7 milioni di persone) arrivano in Europa nel giro di poche settimane, ma non è certo il numero di persone da accogliere che preoccupa governi e cittadini.

Vi è da chiedersi, e appare domanda spontanea da parte di osservatori del diritto, dove risieda la motivazione di tale fenomeno: come possiamo giustificare un diverso trattamento così macroscopico tra chi scappa dalla guerra in Ucraina e da chi scappa invece da Paesi più distanti (geograficamente e culturalmente), ad esempio Siria o Yemen? E ancora, forse più paragonabile per vicinanza, la guerra nell’ex Jugoslavia degli anni ‘90, secondo i numeri forniti dall’Onu: 200.000 vittime e 2,7 milioni di rifugiati e sfollati interni. All’epoca solo l’intervento militare della NATO fermò le pulizie etniche e le violenze in corso, ma l’Europa rimase inerte e non attivò alcuna procedura di accoglienza specifica.

Il diritto in effetti, è una scienza prima di tutto umana, è quindi suscettibile per certi versi alle emozioni umane. Una di questa è l’empatia: un conflitto senza dubbio più vicino, più attenzionato e spiegato, più compreso, sia dalla società civile che dalla politica. Tratti somatici più simili ai nostri, culturali e religiosi, bastano a far scattare la volontà di accogliere meglio e maggiormente? Un tema senza dubbio di rilievo e da attenzionare, dato che molti studenti e lavoratori di provenienza africana e asiatica residenti in Ucraina hanno denunciato trattamenti discriminatori e difficoltà nel lasciare il Paese[3], come già osservato nelle precedenti riflessioni ISMU.

Di non molto tempo fa le immagini di migliaia di profughi, tra cui molti siriani, yemeniti, afgani, somali, bloccati al confine dalla Polonia, condannati purtroppo a morire di freddo nei boschi o violentemente respinti. La stessa Polonia, Paese facente parte dell’Unione Europea, che oggi ospita quasi 2 milioni di ucraini fuggiaschi, sta costruendo un muro di 186 km al confine con la Bielorussia per “proteggere” la frontiera europea dall’arrivo di poche centinaia di persone.

Scrive Judith Sunderland di Human Rights Watch, ripresa recentemente da molti articoli della stampa: “Un numero impressionante di persone provenienti da Asia, Africa e Medio Oriente muore ogni anno nel tentativo di raggiungere i confini dell’Europa”. “Anche se plaudiamo alla generosità mostrata alle persone che fuggono dall’Ucraina, dobbiamo chiederci perché l’UE non abbia utilizzato la direttiva del 2001 nel 2015, quando più di un milione di siriani, afghani e iracheni sono arrivati sulle coste europee”.

[3] Discrimination and Racism Against Third Country Nationals Fleeing Ukraine Must End: IOM Director General statement.
Conflitti nel mondo: dati al 16 marzo 2022, rulac.org

È innegabile: il flusso migratorio proveniente dall’Africa non è cessato, la Libia non è certo più lontana dell’Ucraina. Le persone continuano a morire e soffrire non solo a causa di conflitti armati interni e internazionali, ma anche a causa di persecuzioni, trattamenti inumani e degradanti, pulizie etniche, esecuzioni capitali, occupazioni militari. La guerra, come ricordava sempre Gino Strada, fondatore di Emergency, è uguale dappertutto. Il fatto che un conflitto armato bussi alle porte dell’Europa può e deve risvegliare le conoscenze di ordinamenti giuridici troppo spesso ripiegati sui loro privilegi, e forse lo sta già facendo. Uno shock culturale a pochi mesi da un’altra grave crisi, quella afghana, che forse ha rappresentato il campanello d’allarme per una politica europea intorpidita, troppo spesso quasi apatica di fronte ai conflitti del mondo e alla disperazione dei profughi. La solidarietà che oggi si registra ai diversi livelli potrebbe rimanere: sul piano tecnico-politico la decisione europea di attivazione della protezione temporanea sarà un precedente importante anche per altre future crisi, la pronta risposta della società civile e della politica italiana potrà essere d’esempio.

La speranza è che poi da qui non si torni più indietro: d’altro canto proprio la poetessa ucraina Lesja Ukrainka ci esorta a sperare anche nelle situazioni più buie e avverse.

Trasporterò un pesante masso
In cima a un’erta montagna sassosa
E, portando questo tremendo fardello,
Intonerò un’allegra canzone.

     Nella lunga notte buia, impenetrabile
Non chiuderò gli occhi per un attimo,
Cercherò la stella polare,
La chiara sovrana delle notti buie.

Ukrainka – Contra spem spero (estratti)

17 marzo 2022

Sara Morlotti, Ricercatrice Settore Legislazione Fondazione ISMU