Emergenza Covid-19 e Regolarizzazione degli Immigrati: aspetti giuridici
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Una regolarizzazione dei lavoratori del settore agricolo?

Farm workers harvesting yellow bell peppers near Gilroy, California. Crews like this may include illegal immigrant workers as well as members of the United Farm Workers Union founded by Cesar Chavez.

Al fine di sopperire alla carenza di lavoratori nei settori dell’agricoltura, dell’allevamento, della pesca e dell’acquacoltura, in conseguenza del rischio sanitario connesso alla diffusione del Covid 19, i datori di lavoro (…) che intendano concludere un contratto di lavoro subordinato nei suddetti settori economici, a tempo determinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale in condizioni di irregolarità, possono presentare apposita istanza allo Sportello Unico per l’Immigrazione”. Questo il primo dei diciotto commi dell’unico maxi-articolo della prima bozza del provvedimento di regolarizzazione degli immigrati circolata nel mese d’aprile.

Riferimento centrale i lavoratori del settore agricolo, un settore messo in grave difficoltà dall’emergenza sanitaria e dal connesso blocco dei lavoratori stagionali.

Una risposta all’allarme che arriva dalla filiera agroalimentare, settore produttivo strategico a livello nazionale, che lamenta la grave mancanza della manodopera necessaria per garantire la raccolta dei prodotti. Il sottosegretario alle Politiche sociali e al Lavoro, Steni Di Piazza, ha parlato dell’opportunità di regolarizzare immigrati stranieri, irregolarmente presenti sul nostro territorio, disponibili al lavoro a fronte di uno scenario che vede, da un lato, questi stranieri bloccati in una situazione di marginalità sociale, senza possibilità di lavorare regolarmente e, dall’altro, quintali di frutta e verdura lasciati a marcire nei campi. Anche il il CNEL si è fatto portavoce di una richiesta delle organizzazioni del settore agricolo, cioè il reperimento della manodopera necessaria per le imminenti stagioni di raccolta; in passato ogni anno si era assistito all’arrivo di Italia di molte decine di migliaia di stagionali comunitari e poi a circa 18mila ingressi per lavoro stagionale consentiti dai decreti-flussi, quest’anno invece questi ultimi saranno con ogni probabilità impossibili, o quanto meno tardivi mentre le ipotesi di reclutamento di manodopera stagionale in altri paesi dell’UE sono a loro volta ostacolate dai vincoli alla mobilità transfrontaliera. Si parla di una carenza che potrebbe essere alla fine addirittura di 200mila lavoratori.

Si pone dunque un’esigenza produttiva come giustificazione principale di una regolarizzazione, costruita sulla presenza di un contratto lavorativo nel settore agricolo. Nell’istanza di regolarizzazione di cui alla bozza si prevede sia indicata la durata del contratto di lavoro, non superiore ad un anno, e la retribuzione convenuta, non inferiore a quella prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento. Il permesso di soggiorno, conseguente all’esito favorevole del procedimento, potrà essere rinnovato in caso di nuova opportunità di lavoro offerta dallo stesso o da altro datore di lavoro, fino alla scadenza del nuovo rapporto di lavoro. Un vero e proprio permesso per motivi di lavoro dunque, finalizzato a far fronte alla carenza di manodopera agricola.

Se, come sopra osservato, la procedura viene giustificata con riguardo a mancati ingressi di lavoratori stranieri, in una qualche misura in concreto si prefigura anche una emersione di lavoro irregolare dal momento che molte sono le realtà agricole con lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno assunti in nero.

Peraltro, a riguardo sono previste cause di esclusione – condanne del datore per favoreggiamento o sfruttamento di immigrazione clandestina, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, assunzione di lavoratori senza permesso di soggiorno – con chiaro riferimento al fenomeno del cosiddetto “caporalato”, che diversi provvedimenti hanno cercato di contrastare fino ad ora con scarsi risultati.

D’altra parte, sono esclusi i lavoratori stranieri nei confronti dei quali sia stato emesso già emesso un provvedimento di espulsione, o che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, o che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, o che comunque siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.

Quanto agli effetti, al di là di questo già detto dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione del procedimento … sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del lavoratore per le violazioni delle norme relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio.

L’ordine del giorno approvato all’unanimità dall’Organismo nazionale di coordinamento delle politiche di integrazione degli stranieri, nella seduta del 14 aprile, parte dalla constatazione che sul territorio nazionale vivono molte migliaia d’immigrati in condizione giuridica incerta e irregolare. Le stime della Fondazione ISMU propongono una cifra di circa 562.000 persone irregolari presenti sul territorio nazionale al 1° gennaio 2019.” In parte sono persone entrate senza aver titolo per l’immigrazione, i parte sono richiedenti asilo che hanno visto la propria domanda respinta (il cui numero è aumentato in relazione alle restrizioni derivate dal decreto sicurezza del 2018), vi sono poi stranieri permesso di soggiorno per lavoro scaduto e non rinnovato (i cd. overstayers): tutti soggetti potenzialmente destinatari di espulsione.

Dal punto di vista operativo, lo Sportello Unico per l’immigrazione, verificata l’ammissibilità della dichiarazione e acquisito il parere della Questura sull’insussistenza di motivi ostativi all’accesso alle procedure ovvero al rilascio del permesso di soggiorno, nonché il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro in ordine alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate”, dovrebbe convocare le parti per la stipula del contratto di soggiorno.

Una tutela dell’immigrato è prevista anche per alcuni casi di diniego: nei casi in cui l’istanza sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al proponente datore di lavoro, al lavoratore è rilasciato un permesso di soggiorno non prorogabile per attesa occupazione di durata non superiore al 30 settembre 2020; l’eventuale successiva assunzione dà titolo ad un permesso di soggiorno temporaneo, con validità pari alla durata del contratto di lavoro e comunque non successiva al 31 dicembre 2020.

Senz’altro la possibilità di assunzione di cittadini stranieri irregolari, con la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato ed il relativo regolare permesso di soggiorno, va nella direzione auspicata da tempo da molte organizzazioni sindacali, imprese, enti del terzo settore, associazioni ed enti territoriali. Però si tratta di disposizioni urgenti e a carattere temporaneo legate all’emergenza sanitaria (diversa la logica di soluzioni come quelle di cui al progetto di legge di iniziativa popolare sulla regolarizzazione depositato alla Camera dei deputati nel 2017 e ora all’esame della 1ᵃ Commissione).

L’emersione dall’irregolarità di cittadini stranieri, spesso “invisibili” e privi di qualsiasi tipo di diritto e tutela, avrebbe indubbiamente oltre che un rilievo economico e sociale un rilevante significato per la prevenzione della diffusione del contagio e per la salute pubblica, permettendo ai beneficiari della sanatoria di accedere al servizio sanitario nazionale e ai servizi di assistenza sociale pubblica, ma sarebbe al contempo anche una risposta di legalità e di maggiore sicurezza per tutti. Sono assenti peraltro nella bozza previsioni relative al soggiorno di queste persone in condizioni dignitose, in termini di sistemazione e alloggio, a fronte di situazioni di degrado più volte denunciate.

Seppur con qualche criticità, la bozza è stata vista da molti come un passo avanti.  Diversi gli appelli a suo favore, come quello dell’ASGI, quello dei sindacati confederali e quello proposto dall’economista Tito Boeri e sottoscritto da centinaia di studiosi.

In questi appelli, peraltro, si proposte di allargare il riferimento: non solo ai lavoratori agricoli, ma anche ad altri, parimenti esposti a precarietà e sfruttamento. In questo tempo, che sembra rendere evidenti tutte le contraddizioni del sistema paese e far emergere tutti gli aspetti problematici della nostra economia e non solo, si sostiene che con una non-regolarizzazione o anche con una regolarizzazione di portata ridotta si lascerebbe troppo spazio al circuito dell’illegalità e del sommerso e alle organizzazioni criminali che operano nel settore, mantenendo in stato di vera e propria schiavitù migliaia di persone. Da un’ampia regolarizzazione, invece, si sostiene, trarrebbero giovamento non solo la dignità e sicurezza dei lavoratori, non solo la salute pubblica, ma anche l’economia e il progresso sociale del Paese.

 

di Sara Morlotti, Ricercatrice Settore Legislazione Fondazione ISMU

Milano, 15.4.2020